ORIETTA BERTI, L'INFLAZIONE E LA SOTTILE LINEA VERDE


Questa notte sapremo chi ha ha vinto il 71esimo Festival di San Remo.

L'evento che per molto tempo ha determinato le hit-parade estive della più bella penisola del mondo.
Una settimana in cui il costume del paese è da sempre stato esposto ai cambiamenti, alle novità e alle bizzarrie dei suoi partecipanti.
E che ha regalato, nel tempo, alcuni dei successi che fanno da colonna sonora ai ricordi più belli di intere generazioni.

Molte cose sono cambiate nel corso del tempo.
Sessant'anni fa, il "molleggiato" (al secolo Adriano Celentano) diede scandalo per aver voltato le spalle al pubblico, cantando "24.000 baci"; brano con un testo già di per sé considerato troppo audace per quei tempi.

A quanto pare, ai giorni nostri, il confine fra il buon gusto e la provocazione sembra essersi perso fra le file vuote del Teatro Ariston, mentre il turpiloquio è entrato di diritto fra le liriche delle canzoni.

Che possono essere tranquillamente cantate anche male.
Anzi, il pressapochismo della parte cantata è diventato quasi un'interessante licenza artistica di cui andare fieri.
L'importante è che lo spettacolo e lo scandalo regnino sovrani.

In questo Carnevale di personaggi improbabili e canzoni dimenticabili, spicca lei: Orietta Berti.
Classe 1943,  sceglie già da giovane di proporsi  al pubblico con grande semplicità (ma con altrettanta precisione nel canto).

Un'ingenuità quasi disarmante, soprattutto se paragonata allo stile eccentrico ed avanguardista di altre colleghe della stessa epoca.
Una fra tutte: Nicoletta Strambelli, più nota come Patty Pravo.

Nell'estate del 1970 la signora Orietta Galimberti (il vero cognome della cantante) si presenta con una canzone molto leggera e fresca, che dopo "Tipitipiti" - in gara a San Remo di quello stesso anno - incoraggiava un atteggiamento diametralmente opposto a quello dei cantautori impegnati.

Se questi ultimi cercavano di stimolare l'impegno sociale attraverso la musica leggera (tristemente noto è il caso del grande Luigi Tenco) , il senso del brano firmato da Panzeri, Pilat e Arrigoni è sublimato nel titolo: "Finché La Barca Va".

Il testo invitava a non prendersela molto, perché tanto - di riffa o di raffa - il tanto agognato amore (o qualsiasi altro obiettivo), al momento giusto, avrebbe suonato il fantomatico campanello.
Arrivando dritto, dritto alla porta

"Take it easy", avrebbero detto un paio d'anni dopo gli Eagles (1972), riprendendo lo stesso concetto trasportandolo su un piano più ampio; anche da un punto di vista internazionale.

Spostandosi proprio giusto al di là dell'Oceano Atlantico, in questi giorni si fa un gran parlare di inflazione.
L'inflazione è quel meccanismo per cui, in virtù di una domanda superiore all'offerta, i prezzi aumentano.
Generando un "vuoto" di valore fra il denaro circolante e il suo potere d'acquisto.
Un aumento costante dell'inflazione porta in modo purtroppo noto, al fenomeno della svalutazione.
Tanto più alta è l'inflazione, tanto più il mio denaro perderà di valore.

Va detto che dalla nota crisi dei mutui subprime, tutte le iniezioni di liquidità delle Banche Centrali sono state indirizzate a provocare questo fenomeno (con il proposito di tenerlo sotto osservazione).

Perché, anche se pericolosa (soprattutto se non tenuta sotto controllo) l'inflazione è  - nonostante tutto - meno insidiosa della sua naturale antagonista: la deflazione.

La deflazione è il fenomeno per cui i prezzi calano per effetto di un'offerta eccessiva rispetto alla domanda.
Ergo, anziché comprare oggi compro domani, visto che i prezzi tendono a diminuire e il mio denaro tende a rivalutarsi.

Ma se si blocca la catena dei consumi il sistema si inceppa.
E da qui si comprende perché tanta preoccupazione da parte delle entità sovranazionali a riportare a regime un motore inchiodato.

Il Coronavirus ha obbligato queste istituzioni ad "innaffiare" ancora ed in modo copioso tutto il sistema, per evitare il peggio.
Come effetto diretto, questa liquidità si è andata a parcheggiare sui titoli obbligazionari, comprimendo ancora di più i rendimenti (già limati dalle precedenti manovre).

Per capire la portata di questo intervento, basta ricordare che qualche settimana fa c'erano sul mercato 16.000 miliardi di dollari di obbligazioni con rendimenti negativi.

16.000.000.000.000 di titoli che anziché produrre rendimento, rappresentano un costo per i loro detentori.

Uno scenario simile ha favorito - dopo la doccia fredda di metà marzo di anno scorso - la crescita dei mercati azionari.
Piuttosto che rimetterci in modo certo, in molti hanno deciso di giocarsela andando a cercare performance su mercati tradizionalmente più insidiosi e meno stabili.

"T.I.N.A.!" declamano alcuni gestori.
Che non è l'evocazione della Turner, per rimanere in ambito musicale.

T.I.N.A. è l'acronimo di "There Is No Altertnative" (letteralmente:"non c'è alternativa"), nel senso che si ritiene che non ci sia altra cosa da fare se non ruotare i portafogli sul mercato azionario.

I tassi rimarranno bassi a lunghissimo, per cui è inutile tenere il denaro "a secco" nel mercato obbligazionario, si sostiene.

E come ragionamento, su base statica, può anche avere un senso.

Ma a questo punto va chiamato in causa l'ultimo degli elementi del tema di questo articolo: la sottile linea verde.

Di seguito riporto il grafico pubblicato sul mio canale Telegram in data odierna (per visualizzare tutti i contenuti del canale è sufficiente scaricare l'applicazione e registrarsi a questo indirizzo: bit.ly/ALETEL).




La linea verde rappresenta il rendimento dei Titoli di Stato U.S.A. con scadenza a 10 anni.

Come si può notare, il rendimento è salito da poco più dell'1% ad inizio anno ad oltre 1,50% nella seduta di ieri.
Senza che i tassi ufficiali siano stati minimamente toccati (il Federal Fund Rate è a 0,25% da un anno).

Perché bisogna preoccuparsi se i rendimenti aumentano?

In primo luogo, perché all'aumento del rendimento, il prezzo cala.
Se cala il prezzo, il titolo di riferimento - ovviamente - vale meno.

Ma in seconda battuta, se i rendimenti diventano nuovamente "appetibili" si crea la famosa "alternativa".

E questo può provocare degli spostamenti del denaro da situazioni più volatili a strumenti più solidi, con conseguente "sbandamento" anche degli indici azionari a tutte le latitudini (perché da sempre se cala Wall Street, gli altri mercati non ne restano immuni).

Significa questo che il ragionamento fatto sui temi della sostenibilità e dell'innovazione non sia più valido?

Al contrario.

Ancora di più va invece sottolineato che con tutto l'affetto possibile per la gradevolissima Orietta Berti, (che splende ancora sul palco sanremese per la sua immutata genuinità) pensare che "finché la barca va" non sia il caso di "remare" può essere decisamente controproducente.

Già nell'articolo del 22 gennaio scorso ("Tanto tuonò, che piovve") si chiudeva con il concetto di liberarsi di scadenze obbligazionarie lunghe, che sono quelle che in questo frangente possono soffrire maggiormente.

Oltretutto, nell'articolo "L'alfabeto della ripresa e le elezioni americane" (30/10/2020) la modalità del "sistema di investimento", basato su acquisti progressivi e programmati era stata individuata come strada da percorrere proprio perché è impensabile che i mercati possano crescere all'infinito senza subire alcuna battuta d'arresto.

Rispettando sempre e comunque il proprio orizzonte temporale di investimento e senza stravolgere il proprio profilo di rischio.

Nell'attesa di sapere come si classificherà la nostra Orietta.

Alessandro Tamburini


6 marzo 2021


(per info e contatti: alessandrotamburini.com)


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