L'ALFABETO DELLA RIPRESA E LE ELEZIONI AMERICANE


Eravamo sui minimi del crollo dei mercati di fine del marzo di quest'anno che già ci si sperticava nel cercare di capire quale sarebbe stata la forma della ripresa che avrebbe risollevato il sistema economico.

Qualcuno pensava che la ripresa sarebbe stata a “V” con un recupero veloce che avrebbe riportato i mercati sui valori precedenti dell’era COVID.

Qualcun altro invece supponeva che la ripresa sarebbe stata ad “U” quindi con una fase di depressione molto prolungata a cui sarebbe seguito un rialzo improvviso, una volta risolta la situazione legata alla pandemia.


Ovviamente, nel fare questo tipo di previsioni (che in finanza non andrebbero mai fatte), ci si affidava a situazioni del passato che potessero somigliare - per prossimità - a quello che stavamo attraversando.


Oggi, dopo quasi dieci mesi passati a fare i conti con questo nemico insidioso, che sembra quasi essere dotato di una vera e propria “intelligenza”, possiamo dire che entrambi questi modelli sono stati disattesi.


L’ipotetica ripresa ad “U” non ha avuto riscontro, in quanto già dai minimi di fine marzo/inizio aprile, i mercati hanno trovato la forza per scuotersi di dosso un po’ di angoscia riuscendo a riportarsi “a galla” nel giro di qualche mese. 

Alcuni indici hanno addirittura toccato valori superiori a quelli di inizio anno (di qualche punto percentuale, considerando come valuta il dollaro americano). 


D’altra parte, tuttavia, questo “rimbalzo” non ha interessato tutte le aree geografiche e i settori in egual misura, come già sottolineato in precedenza.

Gli energetici, gli industriali, le aziende legate al mondo dei viaggi e altri ambiti basati sulla vita “in presenza”, hanno avuto giorni molto foschi, e stanno continuando a soffrire.

Come del resto, tutta la zona del Vecchio Continente.


Altri settori, invece, hanno goduto di un rialzo interessante.


Da qui, la terza lettera dell’alfabeto della ripresa.


La lettera “K”.
Dove la stanghetta a sinistra dovrebbe rappresentare il velocissimo calo di inizio anno, e le due “gambe” di destra stanno a segnare una netta divergenza di andamento.

La linea rivolta verso l’alto dovrebbe essere tutto il mondo dell’innovazione, destinato (secondo il buon senso) a crescere in maniera duratura.


La linea rivolta verso il basso, invece, starebbe ad indicare che la “vecchia economia” potrebbe avere un'altra sorte.


Se questo modello fosse reale, allora occorrerebbe convertire velocemente i portafogli azionari in modo da posizionarsi sui temi che saranno vincenti nel prossimo futuro.


Il “se” all’inizio della frase, tuttavia, dovrebbe suscitare qualche perplessità.


Non tanto sui pilastri di questo ragionamento, che potrebbe essere ineccepibile, soprattutto da un punto di vista logico; quanto, invece su alcune considerazioni che sono doverose.


L’innovazione è diventata una necessità.

Per esempio, se fino a ieri pur avendo i mezzi si è sempre preferito ricorrere alla presenza fisica, da oggi - volenti o nolenti - ci si dovrà abituare a fare videoconferenze.


Se abbiamo avuto fino a questo punto una certa avversione alla tecnologia, per “esistere” (e resistere) nel mondo di domani, occorre che si faccia questa “conversione”; il prima possibile e senza troppe resistenze.


Va inteso, ovviamente, che non sarà certo un abbonamento da 15Eur mensili ad una piattaforma di videochiamate a spostare il peso dell’economia del prossimo futuro.

Ma immaginiamo una mole di micro-transazioni realizzate con costanza da milioni di individui, in un sistema capillarizzato (e con ampi margini di ampliamento) quale differenza possa portare.


Tuttavia un mondo tecnologico che non rispetta i criteri di sostenibilità, per quanto “furbo” (accezione più smaliziata per tradurre l’ormai onnipresente “smart”), non potrà sopravvivere.

Per cui, molto bene l’innovazione, purché sia sostenibile.


Attenzione, però.


Tecnologia, futuro, novità, progresso…


Va ricordato, che al di là di questa esigenza di cambiamento, al di là degli schermi che utilizziamo sempre con maggior frequenza, ci sono degli esseri umani.


E l’essere umano, per quanto possa collegarsi ad internet per chiamare un amico, possa inviare una mail invece che spedire una lettera, possa guardare un film su Netflix anziché andare al cinema, o possa ascoltare un concerto in streaming piuttosto che recarsi a teatro, alla fine ha gli stessi bisogni primari dei nostri antenati.


Ha bisogno di nutrirsi, di bere, di avere accanto persone con cui possa instaurare una relazione affettiva; ha bisogno di un riparo, di sentirsi al sicuro e in un contesto confortevole.


E saranno sempre queste esigenze ad essere il “motore” di un mondo che proverà ad andare avanti.


Quale sarà, quindi, la lettera dell’alfabeto che rappresenterà la ripresa economica?

La vera domanda, tuttavia, potrebbe essere: ha veramente senso cercare di indovinare questo ipotetico modello statistico/finanziario/matematico?

Oppure può essere il caso di abbandonare ogni velleità divinatoria e adottare un metodo di investimento?


Per esempio: l’innovazione di oggi, sarà obsolescenza di dopodomani.

Pertanto, nel momento in cui si volesse comprare innovazione, sarebbe opportuno effettuare acquisti programmati nel tempo, soprattutto in contesto di forte accelerazione.


Inoltre: benissimo acquistare “a rate” quote di aziende affacciate al futuro, a patto che però rispettino le regole di sostenibilità (parametri ESG).
Soprattutto in vista dei fondi di aiuto (Recovery Fund) in arrivo nel prossimo anno, che verranno canalizzati con priorità sulle aziende con una particolare sensibilità per l’ambiente, l’ambito sociale e lo stile imprenditoriale.

Ma non va dimenticato che i bisogni primari dovranno essere necessariamente soddisfatti, per cui potrebbe essere interessante avere in portafoglio anche aziende legate, per esempio (ma non solo), al mondo alimentare.


Riuscire a sposare questa modalità di investimento, impone tuttavia di abbandonare un altro vecchio bisogno: l’assoluta conservazione del capitale su qualsiasi orizzonte temporale e avere la certezza di rendimenti periodici.


O forse il fatto di condividere un progetto che necessariamente, in modo progressivo e per quote contenute, abbraccia un arco di tempo che interessa diversi anni a partire da oggi, può aiutare a non “stravolgere” le consuetudini a cui siamo abituati. 


Ovviamente, cercando di rispettare la tolleranza al rischio e adottare un criterio di diversificazione efficace.

E le elezioni americane?

Se tutto quello che è stato messo sul piatto con queste riflessioni ha un senso, non sarà un presidente piuttosto che un altro a fare la differenza (soprattutto in un arco di tempo abbastanza lungo).


Nel caso in cui la vecchia amministrazione dovesse essere confermata, potrebbe esserci - come elemento di differenziazione - un piccolo vantaggio tattico per l’industria legata agli idrocarburi e agli energetici della “vecchia guardia”.
Senza che tutto il resto delle considerazioni venga messo in discussione più di tanto.

Come ultima nota, va ricordato che negli aggiornamenti precedenti si era sottolineato come momenti di nervosismo potessero essere plausibili; quello che è accaduto nelle ultime settimane sembra rientrare in una casistica tutto sommato ammissibile, visto  che la recrudescenza del virus non era poi uno scenario del tutto inatteso.


Alessandro Tamburini


30 ottobre 2020


(per info e contatti: alessandrotamburini.com)


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