2021 - ODISSEA NELLO STRAZIO


Nel 1968 Stanley Kubrick realizzò il film 2001 Odissea nello spazio.
La storia raccontava di un dottore inviato spazio profondo per studiare un monolite.

Il computer dell'astronave a un certo punto prende coscienza di sé e si ribella alla volontà dell'uomo.

Una storia di 53 anni fa ma di estrema attualità.

Non tanto perché si parla di intelligenza artificiale ma anche perché in questi giorni il rover sul pianeta Marte a 128 milioni di miglia sta iniziando ad inviare immagini su quanto trova sul suolo del cosiddetto Pianeta Rosso.

Nell'articolo "L'alfabeto della ripresa e le elezioni americane" del 30 ottobre del 2020 si ragionava sul fatto che investire sull'innovazione e sulla sostenibilità avrebbe permesso di allineare il proprio patrimonio ad uno dei cambiamenti più rilevanti degli ultimi decenni.

Le criptovalute - per esempio - frutto di una delle tecnologie più interessanti e futuribili (la blockchain), stanno conquistando sempre di più l'attenzione generale.

Alcune aziende dell'indice tecnologico americano hanno performato con numeri che ricordano i fasti borsistici di fine millennio.

Eppure, questi fenomeni sembrano appartenere ad un mondo lontano.

Gli effetti dei lockdown prolungati, le varianti che iniziano a gettare strane ombre sull'evoluzione della pandemia (mentre personalità del mondo scientifico incoraggiano a stringere i denti in attesa dei risultati di una campagna vaccinale che presenta degli elementi di incertezza e discontinuità), la stanchezza delle persone che hanno visto stravolta la loro normalità, alcuni "denti" delle ruote degli ingranaggi economici che cominciano ad indebolirsi e rischiano di inceppare il sistema, sembrano raccontare una storia profondamente diversa.

Al punto tale che viene da chiedersi se questa ripresa, questo rimbalzo poderoso, questa sfacciata fiducia in un futuro rivolto a tutto ciò che è straordinariamente nuovo, sia veramente l'architrave di una svolta epocale, oppure è soltanto una puntina di zucchero su di una pillola che sarà amara da inghiottire.

Perché, a guardare bene, i rendimenti obbligazionari sulle scadenze lunghe stanno tornando ad aumentare, con il conseguente calo delle quotazioni dei titoli (e le motivazioni di questo fenomeno possono essere spiegate anche senza ricorrere a formule da farmacisti).

Ma se calano i prezzi delle obbligazioni, e quindi anche quelle dei titoli di Stato, essendo questi ultimi una parte preponderante dei bilanci delle banche, succede che anche le banche stesse si indeboliscono.

A questo proposito va ricordato che alcune obbligazioni bancarie, denominate Co.Co (che niente hanno a che fare con la nota stilista francese) pur pagando cedole più "rotonde", in caso di fragilità degli indici patrimoniali dell'emittente, si trasformano automaticamente in azioni.

Ovviamente, azioni di una banca indebolita negli indici patrimoniali.

D'altro canto, se il sistema bancario si troverà a fare i conti con i problemi ancora irrisolti dei crediti incagliati pregressi, con l'indebolimento strutturale dettato dall'aumento dei rendimenti obbligazionari e la naturale ondata di crediti inesigibili derivanti dal Covid 19, si deve mettere in conto un effetto quasi inevitabile: una nuova contrazione del credito.

Se le banche non saranno in grado di erogare credito in modo robusto, si assisterà come diretta conseguenza ad un inasprimento delle condizioni dell'economia reale.
Al netto degli aiuti in arrivo dall'Europa.

Soprattutto se questi aiuti andranno a "ristorare" perdite precedentemente consolidate e non verranno utilizzati, invece, per irrobustire le imprese (di qualunque genere e tipo).

Al di là delle inevitabili accuse al "sistema" (accezione che può essere applicata alle varie istituzioni, da quelle locali a quelle sovranazionali) che sicuramente può essere imputato di diversi errori e mancanze, questa pandemia ha messo a nudo due aspetti assolutamente preoccupanti delle imprese

  1. sottocapitalizzazione;
  2. rigidità strutturale.

In diversi casi, guardando le strutture patrimoniali, ci si rende conto di quanto fragili siano queste ultime.
Spesso senza adeguate riserve, senza una struttura finanziaria interna (sia in termini di competenze che di risorse) pronta a fronteggiare eventi esogeni; caratteristici o inaspettati che possano essere.

Era inconcepibile, un anno fa, pensare ad uno stop totale delle varie attività per alcune settimane.
Unica strada che avrebbe permesso di delineare un perimetro preciso dei contagi, isolare i malati per curarli e proteggere le persone ancora sane.
E ripartire, nel vero senso del termine.

Se ne parlava, alla fine di febbraio del 2020 con un amico imprenditore, durante uno degli ultimi pranzi "normali" al ristorante, qualche giorno prima della chiusura.

"Non si può", mi disse "Come fai a fermare tutto per un mese? Sarebbe un disastro!"

Le varie fasi, le colorazioni delle aree di contagio ad intermittenza con forti richiami ai semafori, i DPCM con la logica del ballo del pinguino, le autocertificazioni, i coprifuoco e tutto il resto, sono invece serviti a poco.

Di settimane ne sono passate una cinquantina, i mesi sono dodici.

E ancora non abbiamo risolto nulla.

E come si diceva prima, non è detto che una robusta iniezione di liquidità dall'Europa sia la "cura" definitiva.

Lo sarà soltanto se ci sarà la voglia di mettere in discussione il modo di fare impresa.

Se si cercherà di capire quali problemi sono da imputare a fattori esterni e quale "tallone di Achille" è invece rimasto scoperto; e attrezzarsi per proteggerlo.

Contemporaneamente, occorre ragionare in quali modi si possono implementare i processi aziendali per renderli più innovativi, o se non altro, meno rigidi e adattabili a mutate condizioni di mercato e di abitudini. 

Bisognerà anche comprendere che le proprie aziende non sono dei bancomat.
Che il fatturato (ma anche l'utile) della propria impresa non è lo "stipendio".
Che può succedere qualsiasi tipo di situazione che scaramanticamente non riusciamo nemmeno a preventivare (chi si immaginava una pandemia nel 2020?); e che se succede, serve avere la forza autogena per farvi fronte in qualche modo.

Per cui occorre accantonare con sistematicità (soprattutto in epoche non sospette), mettere in sicurezza il patrimonio personale ed aziendale ponendo in atto tutte quelle azioni necessarie per proteggere le persone che amiamo di più e i loro progetti di vita.
E ragionare su questi aspetti come parte integrante del proprio modo di fare impresa.

Albert Einstein, nel 1955 disse queste parole:

Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni...

Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il  conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che  è la tragedia di non voler lottare per superarla. 

Se ci sarà la forza di applicare questi consigli - nonostante le difficoltà immaginabili e quelle imprevedibili - si potrà trasformare il "sogno" di innovazione e sostenibilità in qualcosa di concreto.

E avrà un senso profondo anche il viaggio della sonda Perseverance su Marte.

Se ci sarà la voglia di ragionare in questi termini con i professionisti che affiancano le nostre attività (avvocati, fiscalisti, consulenti finanziari...) allora si potrà mettere in moto un meccanismo virtuoso ed efficace.

Diversamente, è molto plausibile che si assista all'inizio di una vera e propria odissea... nello strazio.

Alessandro Tamburini


22 gennaio 2021


(per info e contatti: alessandrotamburini.com)


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