LA FORMICA E L'ELEFANTE




Si racconta che un giorno, le formiche di un formicaio, stanche del continuo disturbo causato da un elefante che al suo passaggio sconvolgeva la loro dimora, decisero di attaccarlo per eliminarlo.

Pertanto, si riunirono tutte insieme su un ramo di un albero e si prepararono a saltare sull'elefante non appena fosse passato.

Quando l'elefante si trovò proprio sotto di loro, le formiche si organizzarono e si lanciarono tutte sul possente corpo del pachiderma.

Sentendo il fastidio provocato da questi minuscoli insetti, l'elefante cominciò a scuotersi e riuscì a liberarsi di tutte tranne una, che rimase attaccata al suo collo. A quel punto, tutte le altre formiche iniziarono ad urlare alla loro compagna: "Strangolalo! Strangolalo!"

 

INDICE


PREMESSA

Viviamo in un'epoca dominata da un concetto: se qualcosa va male, dipende sicuramente da qualcuno, che a sua volta non gestisce qualcosa a dovere.

Ed è normale che, essendo immersi in un mondo imperfetto popolato da individui imperfetti, vi siano sempre alcuni aspetti che, per ragioni soggettive o anche oggettive, non vengono governati adeguatamente, o che secondo il nostro punto di vista non vengono realizzati nel momento migliore.

Più grande è il problema, più facile è individuare un responsabile a cui addossare la colpa.

Questo è particolarmente vero quando si parla delle scelte di politica economica adottate dalle Banche Centrali.


LE BANCHE CENTRALI

Premettendo che è piuttosto complicato dare un giudizio sintetico sul loro operato (forse sarebbe del tutto impossibile, in quanto le variabili in gioco sono obiettivamente tante, se non troppe) non si può ignorare che le scelte effettuate dagli organismi di queste istituzioni hanno un impatto straordinario sulla vita economica delle imprese e delle famiglie, e non solo sui territori di loro competenza.

Come l'elefante menzionato all'inizio, i passi della Fed (America), Boj (Giappone), Bce (Europa) e Boe (Inghilterra), hanno profondamente influenzato la nostra percezione dei cambiamenti di un mondo che da quindici anni è stato attraversato da eventi straordinari e di natura diversa.


GLI INTERVENTI DELLE BANCHE CENTRALI

Portandoci nel 2008, va ricordato che fu soltanto la ferma decisione operata dalla Banca Centrale Americana nei confronti della crisi dei mutui subprime a permettere al sistema finanziario di non collassare all'interno di una voragine speculativa generata dagli stessi soggetti che hanno successivamente  beneficiato degli aiuti.

Dopo una fiammata speculativa sui tassi, questi interventi permisero al sistema di rimettersi in sesto.
I rendimenti calarono, ma come è ben noto, tanto più sono bassi i tassi tanto più ne beneficiano gli investimenti rischiosi.

Per cui, tagliato un metaforico "dito" sul lato dei rendimenti fissi e spostando una parte dei risparmi su investimenti azionari si è colmato questo apparente "danno collaterale", evitando di "tagliarsi un braccio".

Lato Europa arrivò il 2011, con la crisi del debito italiano e la  posizione netta di Draghi (all'epoca al comando della Banca Centrale Europea) permise di fermare una potenziale ondata speculativa sui paesi più fragili con una sola frase: "What ever it takes" (a qualunque costo).

Calò il differenziale di rendimento con i paesi giudicati più solidi, e gli importanti sforzi messi sul mercato in termini di iniezioni di liquidità, finirono inesorabilmente per comprimere ancora di più i rendimenti e spingere i mercati azionari.

Poi ci fu Cipro nel 2013 e la legge sul bail in, che spinse gli attori delle Banche Centrali a non permettere che avvenisse la corsa agli sportelli su base continentale; un altro ritocco verso il basso dei tassi e un'altra iniezione di steroidi alle azioni.


GLI EFFETTI DEGLI INTERVENTI DELLE BANCHE CENTRALI

Chi era naturalmente predisposto a rinunciare ad una parte di introiti fissi dati dalle cedole obbligazionarie, non ha trovato grosse difficoltà a cambiare le modalità di rivalutazione del proprio capitale.

Chi invece faceva conto su quegli interessi per integrare il proprio reddito, ha subìto questo processo con grande disagio.

All'avvicinarsi allo zero dei rendimenti, la logica diceva che non sarebbe stato possibile violare quella soglia.

Eventi diversi, tensioni generate dai più disparati scenari economici, finanziari, politici e geopolitici hanno invece portato i rendimenti oltre a quel limite dato dal buon senso, trascinando il mondo completamente a testa in giù: se una volta si percepivano degli interessi perché si prestava del denaro, in quel contesto si spendevano dei soldi per farsi custodire delle disponibilità (da soggetti poi nemmeno così "raccomandabili").

E non era ancora arrivata l'era Covid-19, che contribuì a rafforzare l'idea che solo tassi bassissimi (se non inesistenti) avrebbero permesso alle imprese di sopravvivere.

Negli anni dal 2020 al 2022 poi sono venute a galla anche altre criticità che forse erano state ignorate per troppo tempo.

Si è capito, con il blocco delle catene di approvvigionamento, che la produzione decentralizzata in aree del globo in cui la manodopera è a costo irrisorio, se rappresenta un'importante opportunità di creazione di margini nel mondo occidentale, non esula da certe tipologie di rischio.


IL PASSATO RECENTE

Fermatasi la produzione per effetti dovuti alla pandemia, con alcune ovvie distorsioni tipiche di quel mondo imperfetto che si menzionava in apertura, determinati costi sono diventati improvvisamente insostenibili, accendendo una fiammella sotto al fornello dell'inflazione raffreddato ormai da tempo.

A proposito di fiammella, anche lo scoppio della guerra in Ucraina ha avuto un ruolo nella corsa dei costi energetici, alimentando parallelamente sia timori che speculazioni.

Davanti ad uno scenario profondamente mutato, le Banche Centrali decidono di uscire dall'angolo dei tassi negativi attraverso alcuni importanti aumenti sul costo del denaro, cambiando radicalmente l'approccio dopo tanto tempo.

Questa manovra nasce con l'intento dichiarato di frenare l'impennata dell'inflazione (per lungo tempo latitante nonostante le immissioni di liquidità).

Come effetto diretto, crollano i prezzi dell'obbligazionario e i mercati azionari si trovano davanti un nemico che pensavano fosse stato allontanato per sempre: i rendimenti.

In questo contesto le imprese si trovano oltretutto ad affrontare il problema legato a tassi di interesse elevati,  un aumento dei costi di produzione, di trasporto e inevitabilmente anche della manodopera.


"LE FORMICHE"

E se all'approssimarsi dei "tassi zero", le varie "formiche" dicevano che non si sarebbe andati oltre, oggi le stesse formiche pensano di potere influenzare il cammino dell'elefante (le Banche Centrali).

"Più di tanto i tassi non possono salire!", "La Bce sbaglia!", "L'Europa non capisce!" sono espressioni che si sentono abbastanza facilmente in questo periodo, come tanti "Strangolalo!" pronunciati in direzione di quella formichina rimasta attaccata al collo dell'elefante.

Se è poco plausibile che le Banche Centrali non capiscano il contesto in cui operano, potrebbe anche essere che - come si diceva in premessa - certe scelte non siano propriamente corrette.

Forse non lo è stato nemmeno "viziare" il sistema a non prendersi le responsabilità di certi comportamenti e aver continuato ad inondare i mercati di quantità straordinaria di denaro.

Erano gli anni '70 quando Martin Zweig, analista finanziario americano, pronunciò la frase: "Don't fight the Fed", che letteralmente significa: "Non combattete la Banca Centrale Americana".

Il principio, che tale rimane e non può essere assunto a regola, suggerisce di non provare ad anticipare le mosse delle Banche Centrali o fare previsioni su dove possano arrivare e con quale tempistica.

Sarebbe come pensare di poter sopraffare un elefante con le zampine di una minuscola formica.


CONCLUSIONI

Bisogna abituarsi a questo cambiamento di paradigma, consapevoli che:

1) fintanto che non sarà chiaro quando e quale sarà il punto di "stop" sull'aumento dei tassi, è molto pericoloso prendere posizioni sul medio/lungo termine

2) la liquidità va impiegata su strumenti a breve: lasciare ferme delle somme di denaro sui conti oggi rappresenta un "costo" che non è giustificabile (se non a fronte di spese certe e immediate)

3) ogni cambiamento è "assorbibile" dai mercati; sono gli shock imprevisti a rendere difficile la navigazione, ma una volta compreso il contesto di riferimento, le aziende sane trovano il modo (in un arco di tempo ragionevole) per rimettersi sulla rotta giusta e generare valore.

Potrebbe non essere quindi ancora il momento di posizionarsi in modo importante sulle scadenze lunghe.

Va tenuto conto che in questi giorni si è tornati a parlare del Patto di Stabilità, con visioni diverse su come debba essere interpretato (anche le forze di Governo del nostro paese non si sottraggono a questo principio generale, pur cercando di proporre una chiave di lettura diversa da altri esecutivi); nelle ultime ore anche il Mes è tornato al centro del dibattito.

Pertanto, per quanto riguarda i nostri "cari e vecchi Btp", potrebbe ancora valere la pena di aspettare ancora, prima di inserirli in modo importante nei portafogli (soprattutto per le scadenze lunghe).

Ricordando che è sempre la diversificazione a rendere robusto ed equilibrato un portafoglio, soprattutto quando viene applicata tenendo bene a mente il profilo di rischio e l'orizzonte temporale dell'investitore.


28 giugno 2023


(per info e contatti: alessandrotamburini.it)


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