ARCHEGOS: QUANDO LA MANIPOLAZIONE RELIGIOSA DIVENTA L'ENNESIMO GUAIO PER LA FINANZA


Gli americani ci sono abituati: sulle loro banconote campeggia da epoca immemorabile la scritta "In God We Trust" (che significa: "Confidiamo in Dio").

E quella frase, paradossalmente, non è mai riuscita ad evocare una guida morale per coloro che hanno usato quei dollari per compiere, nel corso di molti decenni, ogni sorta di nefandezza.

Ma si sa, il blocco angloamericano è di fatto la lunga ombra dell'impero romano.
Gli abitanti dell'Urbe  erano soliti dire: "pecunia non olet" (ovvero: "il denaro non ha odore", nel senso che non ci si perde in troppi giudizi quando è ora di metterselo in tasca).
Fatto interessante, questa massima sembra essere stata pronunciata proprio dal noto Vespasiano.

E quindi, si diceva, gli abitanti della terra a stelle e strisce sono avvezzi - per cultura o per superstizione - a mischiare il presunto sacro al "quasi certamente" profano.

Doveva averlo capito molto bene Bill Hwang quando decise di attribuire lo stile di gestione del fondo Archegos a quanto letto nella Bibbia.

Uno schema altamente speculativo, con una sua logica, che portava risultati rotondi, apparentemente guidato da una volontà superiore.
Cosa poteva esserci di meglio?

Torniamo per un attimo a Vespasiano.

Sfrondiamo il ragionamento dall'aspetto mistico e dal profilo di rischio di questo strumento collocato dal Family Office fondato da Hwang.

Se aveva un suo schema di investimento razionale e se portava risultati, come si poteva temere il peggio (soprattutto se questi esiti erano stati replicati nel tempo)?

Ergo, per quale motivo un investitore doveva o poteva "fiutare" il problema?

"Se mi fa guadagnare, perché dovrei starne alla larga?" poteva essere il ragionamento di base.

Però, è proprio analizzando tutti i parametri di questo progetto di investimento che si poteva comprendere che tutto tranquillo non era e non poteva nemmeno esserlo.

Da un punto di vista tecnico, l'architettura era tenuta in piedi da una complicata e sofisticata struttura di derivati.

I derivati, demoni della crisi finanziaria del 2008, non sono - per loro natura - il male.
Possono essere molto utili per coprirsi da eventuali rischi, se usati con oculatezza (per tipologia e per importo).
Diventano pericolosi quando vengono adoperati con il meccanismo della cosiddetta "leva finanziaria": investo 100, ma i profitti (e soprattutto le perdite) possono essere smisuratamente amplificati.
Quando le variazioni di mercato diventano rilevanti (in su o in giù non importa perché i derivati funzionano in entrambe le direzioni) l'investitore è chiamato a coprire gli scostamenti creati dalle scommesse ancora aperte.
Se non ci sono i fondi per chiudere questi "vuoti", allora cominciano i guai.

Lo hanno capito tanto Nomura quanto Credit Suisse; quest'ultima deve pensare di mettere a bilancio qualcosa come 4 miliardi di dollari di perdite.
Teste e dividendi tagliati.
Per inciso, Nomura vanta quasi un secolo di esperienza (è stata fondata nel 1925), e ha ammesso quasi 2 miliardi di perdite.

Guardando all'aspetto puramente ascetico, c'è da dire che sarebbe stata sufficiente una conoscenza di base della Bibbia, per capire che lo schema di investimento non poteva (nemmeno volendo) essere "sponsorizzato" da una guida divina.
Nella prima lettera dell'apostolo Paolo a Timoteo al capitolo 6 al versetto 10 si legge: 
"L'amore del denaro [...] è la radice di ogni tipo di male, e facendosi prendere da questo amore alcuni [...] si sono procurati molti dolori"

Lungi dal concetto estremistico di un altro aforisma che vuole che il denaro sia "lo sterco del Demonio", questo semplice principio fa capire come sia la ricerca spasmodica, irrazionale e incondizionata di denaro che può trasformarsi in un grosso problema.

Quando non si guarda in faccia a nulla pur di portare a casa guadagno o rendimento, presto o tardi qualcosa si rompe.

E Archegos si è "rotto" proprio per il suo forte grado di speculazione.

Chi doveva controllare e farsi domande ("[Hwang] non era affatto al di sopra di ogni sospetto" recita il Corriere della Sera), molto probabilmente ha confidato più nei risultati che nella solidità delle scelte di investimento.

Si dovrebbe sapere, trascendendo concetti spirituali o alchimie finanziarie, che se qualcosa è troppo bella per essere vera, molto probabilmente vera non lo è.
Soprattutto giunti oltre il primo quinto del ventunesimo secolo.

Se esiste una categoria di beni che "sale sempre", c'è qualcosa che non quadra (immobili/beni reali/criptovalute che dir si voglia).

Se un gestore (o uno strumento di una casa di gestione) ha fatto meglio della media per tanti anni, bisogna capire:

  1. perché ha portato a casa questi risultati (operazioni straordinarie oppure strategia/tattica vincente);
  2. se ci possono essere gli elementi per cui certe performance possano essere replicate o se certi "filoni" sono andati in esaurimento (p.e. la compressione dei tassi, che ha provocato il rialzo dell'obbligazionario negli ultimi 30 anni non può continuare all'infinito);
  3. se questi guadagni sono stati realizzati nel rispetto del profilo di rischio entro il quale doveva muoversi;
  4. se questi rendimenti sono da collegare direttamente alla "testa" che è al timone, o dipende anche da una struttura collegiale (che nel bene o nel male filtra e controlla le scelte di allocazione).

Anche nel caso in cui ci si trovasse davanti ad un fenomeno (cosa nel 2021 sarebbe molto più unica che rara) la parte di patrimonio che potrebbe essere allocata su uno strumento del genere dovrebbe essere comunque limitata.

Perché anche i fenomeni inciampano; e la storia ci ha insegnato che né l'esoterismo, né modelli matematici "infallibili", né tanto meno millantare presunte direzioni da libri sacri (vedasi caso in questione) possono essere una garanzia di successo.

Ancora una volta, quindi,  si può dire che è abbastanza inutile (oltre che pericoloso) cercare di avere un portafoglio costituito dai "prodotti migliori".

È la coerenza dell'insieme degli strumenti che si comprano (nonché il grado di diversificazione/decorrelazione), e il rispetto della propria propensione al rischio che determineranno il successo delle scelte di investimento.

E il successo va ben oltre il puro risultato finanziario (argomento già trattato nel post: "Il miglior investimento nel 2020? Un paio di scarpe").

Se non si seguono queste semplici regole, quando arrivano i momenti di tensione (e abbiamo imparato che questi momenti arrivano, eccome se arrivano!)  ci si potrebbe purtroppo trovare nella situazione - per rimanere in tema - di non sapere a quale santo votarsi.

Alessandro Tamburini


8 aprile 2021


(per info e contatti: alessandrotamburini.com)


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