"Febbre Del Mare" - John Masefield (1902)


Fra tutti gli anni duri dei miei 29 anni spesi a lavorare nel mondo finanziario, il 2020 è stato sicuramente il più duro.

Non per le variazioni di mercato.

Forse, per la prima volta, abbiamo tutti avvertito un brivido che si è spostato dall'aspetto meramente materiale per arrivare alle angosce più ancestrali.

Che i mercati possano calare del 30% lo sapevamo.
Che abbracciare i nostri cari potesse significare mettere a rischio la loro vita, invece, non lo avevamo messo in conto.

E la partita è ancora tutta da giocare.
Ma l'anno volge al termine, e bisogna - come sempre - fare un bilancio.

Un anno complicato, si diceva, ma che tutto sommato porta con sé un risultato assolutamente positivo.

Non mi riferisco alle performance.

Quelle possono variare in base ad una vasta gamma di variabili tecniche, che non intendo considerare; almeno in questo momento.

Siamo riusciti a riportare, metaforicamente, "la nave in porto".

Questo mostro, questa tempesta con cui abbiamo dovuto fare i conti durante questi mesi non è riuscita a depauperare il risultato delle fatiche e dei sacrifici dei patrimoni affidati alla mia cura.

E se questo non è successo, credo sia dipeso da quattro fattori.

1. BUON SENSO
Il buon senso consente di riuscire ad andare oltre i numeri, i grafici, le proiezioni, gli studi degli analisti, e mettersi davanti al domani con occhi molto disincantati.
Si riesce ad usarlo quando ci si sforza di dimenticare il "tutti dicono che...", per cercare - invece - di mettere sul tavolo i bisogni, le paure (razionali  e irrazionali) e, perché no, i sogni che stanno dietro ad ogni progetto di vita.

2. DIVERSIFICAZIONE
"Figlia legittima" del buon senso, è uno dei concetti più inflazionati, difficili da spiegare e da trasferire.
Perché è complicato accettare che non tutte le componenti di un portafoglio possano essere con il segno positivo.
Soprattutto può dare fastidio, in un contesto negativo, vedere che qualcosa sta andando discretamente bene e che quello strumento non sia stato scelto come investimento prevalente; ma la diversificazione è anche questo.

3. COMUNICAZIONE
La paura nasce dall'ignoto.
Ciò che non conosciamo o non capiamo, può annichilirci oppure può portare a reazioni scomposte; queste ultime possono provocare, paradossalmente, danni maggiori anche rispetto al potenziale problema da cui si cerca disperatamente di sfuggire.
Soprattutto in una cornice storica in cui il sensazionalismo è il carburante di un'informazione che vive cercando di suscitare stupore, indignazione e appena può, morbosità.

4. FIDUCIA
Quest'ultimo fattore è forse la diretta conseguenza dei primi tre "ingredienti".
Ma è quello più importante.
Si può ipoteticamente aver fatto uso di tutto il buon senso ragionevolmente possibile, si può immaginare di aver improntato in modo corretto la diversificazione e si può anche supporre di aver usato la comunicazione al meglio per stemperare eventuali tensioni momentanee...
Ma se non c'è fiducia, il rischio di prendere uno scoglio nascosto o sbagliare qualche manovra, aumenta sensibilmente.

Una banca solida, strumenti "intelligenti", un progetto di investimento tutto sommato equilibrato, possono fare molto poco da soli (pur essendo obiettivi non facili o banali da perseguire); soprattutto in un contesto come quello dei mesi scorsi.

Ecco perché questo articolo, che accompagna la Nota n. 26 dell'anno 2020, vorrei usarlo per ringraziare tutte le persone e le aziende che attraverso la grandissima fiducia concessa mi hanno permesso di guardare e analizzare un mondo in forte cambiamento, di provare a leggerlo e interpretarlo.

Abbiamo ragionato insieme, ci siamo confrontati; con qualcuno abbiamo anche iniziato ad usare sistemi di videoconferenza per riuscire sia a ridurre il rischio delle visite “in presenza” che a parlare senza le odiose (ma necessarie) mascherine.
Abbiamo fatto assieme anche qualche sana risata scaramantica.
Ci siamo inventati i sistemi più "creativi" per fare in modo che le restrizioni imposte non impedissero di agire operativamente sulle questioni più impellenti.

Ma come si diceva all'inizio, ce l'abbiamo fatta.

La nave è tornata in porto, le vele sono raccolte.
Per qualche giorno.

Perché poi, il viaggio deve continuare.


Febbre del mare

Devo tornare sul mare, solitario sotto il cielo,
e chiedo solo un’alta nave e una stella per guidarla,
colpi di timone, canti del vento,
sbuffi della vela bianca,
e bigia foschìa sul volto del mare
e un bigio romper dell’alba.
Devo tornare sul mare, ché la chiamata
della marea irruente è una chiara
selvaggia chiamata imperiosa;
e io chiedo soltanto un giorno di vento
con volanti nuvole bianche,
pien di spruzzi e di spuma e di strillanti gabbiani.
Devo tornare sul mare, alla vita
di zingaro vagabondo; alla via
delle balene e degli uccelli marini,
dove il vento è una lama tagliente;
e io chiedo solo un’allegra canzone
da un compagno ridente e un buon sonno
e un bel sogno
quando la lunga giocata è finita.

John Masefield (1902)


Alessandro Tamburini


24 dicembre 2020


(per info e contatti: alessandrotamburini.com)


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